Dal terrorismo ai rischi di Facebook, come spiegare questo mondo globalizzato ai nostri figli tra fiducia e diffidenza opportunità e pericoli?
Mia figlia non crescerà in un mondo come quello in cui sono cresciuta io.
Chi di noi ha 30, 40, 50 anni, ha vissuto la sua infanzia in un mondo felice. Nessuno, se non i nonni, a ricordare una guerra che non solo sembrava lontana ma anche impossibile dal ritornare. Un orrore chiuso per sempre.
Un mondo in cui nessun genitore temeva che i figli avrebbero potuto faticare a costruirsi una professione ed un futuro, né che avrebbero dovuto fare i conti con un pianeta indirizzato al collasso e in cui le guerre di religione e il terrorismo sarebbero riesplosi con una ferocia da Medioevo (ma mezzi, ahimè, ben diversi).
Noi invece tutti questi timori li abbiamo.
E tutti noi in questi giorni, che non passano senza continui orrori, ci domandiamo che mondo stiamo lasciando in eredità ai nostri figli e a che mondo stiamo consegnando loro.
E i nostri timori diventano, inevitabilmente, i loro limiti.
Il che, considerato che tutti noi cerchiamo di garantire loro più opportunità di quante ne abbiamo avute noi, è un controsenso e un grosso ostacolo.
Quando parlo di opportunità penso a quanto ho fatto fino ad oggi (e voglio continuare a poter fare) per permettere a mia figlia di godere del mondo globalizzato che ha intorno, che è molto più vasto e vario dell’orizzonte che alla sua età mi trovavo di fronte io, per darle quante più occasioni possibili per scoprire lingue e culture diverse da quella del paese in cui è nata, modi di vivere e pensare diversi da quelli a cui siamo abituati.
Prima di tutto per insegnarle una cosa fondamentale: per insegnarle a pensare, a farsi un’opinione, ad avere delle idee proprie.
Opportunità e pericoli, come spiegare questo mondo ai nostri figli?
Vorrei infilarle degli occhiali rosa e dirle che tutto va bene e viviamo nel migliore dei mondi possibili, ma sarebbe una bugia.
Vorrei che bastasse fare quanto è stato fatto con noi, quando eravamo bambini: raccontarci che non si devono accettare caramelle dagli sconosciuti, né frequentare brutte compagnie.
Ma siccome poi la vita insegna che le caramelle arrivano in forme diverse, come le brutte compagnie, sono convinta che ai nostri figli dobbiamo molto di più. Dobbiamo spiegazioni.
Dobbiamo raccontare cosa sta accadendo. Ed essere in grado di rispondere alle loro domande in funzione della loro età e di quanto sono in grado di recepire.
Io credo di non dover aspettare che mia figlia sia adolescente per spiegarle perché non dovrà mai accettare un invito da qualcuno conosciuto su Facebook o perché un ragazzo che la consideri “cosa” propria sia da evitare.
Voglio che sappia perché ci sono “attenzioni” che non vanno accettare da parte di un adulto (smettiamola di parlare di caramelle!).
Voglio che capisca che per nessuna ragione è giusto ledere agli altri in nessun modo. Ma questo di solito un bambino lo capisce senza bisogno di grandi spiegazioni, almeno lui.
Come spiegare questo mondo ai nostri figli? Io ho deciso di raccontare perché …
Voglio che sia aperta al mondo ma ne conosca i pericoli, le brutture e le ingiustizie.
Per questo ho deciso di raccontarle sempre tutto. In un modo a lei comprensibile, fin dove mi segue la sua attenzione, rispondendo alle sue domande e mai in modo evasivo.
Credo non ci sia un “troppo presto”. Non più.
E mi domando come poterle insegnare la fiducia nel prossimo e nello stesso tempo la diffidenza, metterla in guardia senza negarle la magia di scoprire questo mondo, che non sarà il migliore ma è ancora molto bello.
Non sarà il migliore dei mondi quello che stiamo lasciando loro, ma i nostri figli, con un’attenzione all’ambiente che noi non abbiamo avuto, la possibilità di conoscerlo già da piccolissimi (cosa che noi, nella migliore delle ipotesi, abbiamo scoperto con un interrail dopo la maturità), un uso dei media e delle informazioni più intelligente di quello che abbiamo saputo farne noi, magari riusciranno a renderlo migliore.
Io lo spero.