Sorprende anche voi il fatto che vostro figlio non si sorprenda davanti al diverso? A me succedeva. Poi ho cominciato a capire che Costanza lo fa perché non ha bisogno di mettere etichette.
Ho capito che per lei un bambino è un bambino anche quando è in sedia a rotelle o senza capelli o si esprime con le mani anziché a parole.
Da allora ho deciso di non usare più etichette neanch’io.
Ieri però mi ha chiesto cos’è un “bambino-down”. “Down vuol dire giù. Perché si dice bambino giù?”. “Non giù, è un bambino diverso”. “Ma diverso come?”
Eh già, come? Difficile spiegare la disabilità. Così le ho raccontato di un bambino che abitava accanto a noi quand’ero piccola. “Era un bambino molto affettuoso e sorridente e a scuola aveva una maestra che gli dava una mano quando le cose per lui erano più difficili”.
Mi è venuta in aiuto Barbara, con un libro che non posso non consigliarvi.
Si chiama “Mia sorella è un quadrifoglio” (di Beatrice Masini e Svjetlan Junaković, Carthusia, on line nello shop on line lafeltrinelli a euro 13,51).
Viola è una bambina che racconta la sua famiglia nel momento in cui arriva la sua sorellina, Mimosa. C’è qualcosa di strano, Viola lo sente, perché papà è triste e pensieroso, una nonna non fa che ripetere che bisogna aver coraggio e l’altra non va nemmeno a trovarli. Intanto Mimosa cresce, così paffuta che quando ride (e ride spesso perché è molto allegra), gli occhi le scompaiono. Viola si accorge che Mimosa parla a fatica e che usare i pastelli non le riesce facile, ma in fondo è normale, è una sorella piccola. Finché a scuola un bambino non le dice “tua sorella non è normale” e lei per difenderla risponde: “Essere normali vuol dire essere uguali. Come i fili d’erba. Come i trifogli in un prato. Mia sorella invece è un quadrifoglio”.
Qualche tempo fa, una sera al ristorante, in un tavolo vicino un gruppo di ragazzi comunicava a gesti. Lei ne è rimasta affascinata. Si è seduta al loro tavolo a fare conversazione (uno di loro traduceva) e poi è tornata da noi entusiasta dei segni che aveva imparato.
Poi abbiamo letto “Le parole di Bianca sono farfalle” (di Chiara Lorenzoni e Sophie Fatus, Giralangolo, consigliato dai 4 anni, on line sul sito di lafeltrinelli a 11,47 euro).
Tra farfalle leggere e colorate che rendono ancor più gioiosa la lettura, incontriamo Bianca, che non può sentire né parlare. Non come comunemente lo intendiamo noi, almeno.
Bianca però legge sui volti e nei gesti delle persone anche le emozioni che non si dicono. Bianca riconosce la rabbia silenziosa, il rossore dell’imbarazzo, la gioia nascosta. E poi Bianca ha due genitori che la coccolano e sanno farla sognare e parla a suo modo, facendo danzare le sue mani come piccole farfalle. E chi vuole può imparare la lingua delle farfalle…
Due libri di grande delicatezza, due occasioni di lettura con cui insegnare e insegnarci molto.
*Gioco in legno Shusha Toys.
“E poi Bianca a due genitori che la coccolano e sanno farla sognare”… bellissimi consigli, grazie! Però HA, verbo avere, vuole l’H davanti alla A
eh eh eh, lo diciamo anche al correttore, che spesso fa di testa sua. Grazie Paola. Se vuoi, lascia pure un commento anche sui libri 😉 grazie